Una mattinata di pet therapy con Diletta, Kinder e Milù: l’aiuto di tre gatti per combattere lo stress dei giovani pazienti in pediatria
di Fulvio Cerutti

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Icorridoi del reparto pediatrico del Fatebenefratelli sono pieni di colori. Ci sono immagini fantasiose, figure e fumetti che dovrebbero, o quantomeno vorrebbero, strappare un sorriso ai piccoli ospiti della struttura ospedaliera milanese. Ma mentre lo attraversiamo di sorrisi se ne vedono pochi. Alcuni si, ma spesso forzati. Per lo più quelli dei genitori che cercano di sostenere i figli che stanno cercando di combattere contro un male che parte dalla mente e consuma il corpo: i disturbi alimentari.
Un mondo parallelo in cui chi entra ne rimane imprigionato. Un luogo dove la realtà viene distorta, dove anche di fronte a uno specchio il corpo già magro viene visto dai giovani occhi come se fosse in sovrappeso.
In quel mondo spesso impenetrabile c’è chi ha una chiave, che probabilmente non aprirà quella prigione per sempre, che non risolverà il “problema”, ma che può rendere quelle sbarre meno strette, a trovare dei momenti di serenità senza provare la sensazione di essere giudicati. È quanto possono fare gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA), più conosciuti con la parola pet therapy.

Ma gli IAA possono essere un mezzo per migliorare la giornata ai giovani pazienti, un’esperienza positiva in un vissuto di malattia che normalmente lascia dei segni pesanti in chi si trova ad affrontarlo: “Chi ha avuto la possibilità di incontrare i nostri cani o gatti ne ha un ottimo ricordo – spiega Colombo – . Spesso capita che chi torna per i controlli di routine cerchi di informarsi se siamo presenti nella struttura o, addirittura, cerchi di fissare un’analisi o un prelievo quando sa che siamo in reparto. È un legame che rimane”.

Quella mattina con noi c’è il signor Franco, coadiutore in IAA, accompagnato da tre meravigliosi Ragdoll, gatti dagli occhi azzurri come l’acqua limpida di montagna e avvolti da un soffice pelo che mescola sfumature color crema e panna. I loro nomi sono: Diletta, Kinder e Milù.
Il primo incontro avviene in una sala d’attesa. Fuori dalla porta ci sono tre bambine, tutte giovani adolescenti che attendono visite di controllo. Quando entrano nella stanza il loro sguardo cambia. Fuori si guardavano intorno, osservavano le persone che passavano quasi temessero un giudizio, parlottavano fra di loro sotto voce. Ma dentro è diverso: appena si siedono, il signor Franco inizia a tirar fuori uno dei gatti. Mentre lo tiene in braccio racconta che carattere ha quel felino, la sua naturale predisposizione a farsi accarezzare, ad amare quel contatto fisico di cui le stesse ragazze hanno bisogno. Loro lo osservano e nei loro silenzi diligenti c’è tanta attesa per il momento in cui lo avranno sulle gambe.
Quando alla prima ragazzina viene messo un panno sulle gambe per evitare che si riempia di peli, lei con le mani lo aggiusta: sembra voler rendere tutto comodo per il suo nuovo amico. E quando finalmente lo prende in braccio, segue le indicazioni per il giusto modo di accarezzarlo. Noi che osserviamo abbiamo una profonda sensazione di calore che si trasmette in maniera biunivoca: il gatto lo trasmette a lei e viceversa. Le carezze si fanno sempre più confidenziali, rinforzate dall’atteggiamento più rilassato del micio che cade in un piacevole sonno profondo.

I minuti intanto trascorrono in fretta, così come l’attesa del prelievo di sangue, dell’analisi, del colloquio con il medico. “Quello che è un momento che potrebbe essere ricco di ansie e preoccupazioni, si trasforma in qualcosa che stempera l’attesa, che si porta a casa un racconto positivo da condividere in famiglia” spiega Colombo.
Terminata l’incontro nella sala d’attesa, arriva il momento di salire nel reparto pediatrico per i disturbi alimentari. Il signor Franco mette sul suo passeggino speciale i tre gatti. Uno è particolarmente curioso: si appoggia al bordo e, quasi fosse il comandante di una nave, guida l’umano che spinge verso l’ascensore su cui sale per nulla intimorito.
L’ingresso nel reparto colpisce per il profondo silenzio. Non si sentono i rumori tipici dei bambini o adolescenti. La maggior parte si trova nelle proprie stanze in compagnia di un genitore. Fuori, sebbene sia inverno, c’è un tiepido sole che entra dalle finestre. I giovani pazienti si muovono accompagnati da una piantana con le rotelle a cui si aggrappano per vincere la loro debolezza fisica. Nel loro naso c’è un sondino con cui si cerca di nutrire i loro corpi che quel sole caldo mostra in tutta la fragilità attraverso le trasparenze dei pigiami, corpi segnati come sono i loro cuori avvolti da quel male che fanno fatica a sconfiggere.


Rimaniamo fuori dalla stanza, per non disturbare quel momento così delicato. Ma da lontano si rivede il rito della stanza d’attesa: dopo una prima diffidenza, le parole del signor Franco e il “magico” mondo di Diletta, Milù e Kinder tornano a mettere in moto il vissuto positivo, le “boccate d’aria” dalle ansie quotidiane.
Anche per questo nei diversi incontri all’attività delle coccole vengo associate delle attività di creatività come disegni che vengono raccolti in album. Lavori che diventano un’ulteriore testimonianza positiva di ciò che viene vissuto e che può essere terreno di partecipazione anche per i genitori che possono essere aiutati nella battaglia contro questa malattia.
La Cat Therapy non viene solo impiegata per i pazienti dei Dca (Disturbi del Comportamento Alimentare): in altri progetti, diversi da questo, l’associazione Frida’s Friends ha ricevuto il supporto di Royal Canin che ha finanziato diverse attività presso gli ospedali Niguarda e Fatebenefratelli di Milano dove sono stati coinvolti circa 2.000 pazienti pediatrici di età compresa tra 6 mesi e 18 anni in oltre 160 sedute.
“L’impegno della Fondazione Royal Canin, che opera in tutto il mondo e sostiene a oggi 15 progetti, nasce dalla consapevolezza che cani e gatti rendono da sempre il mondo un posto migliore per noi, non solo grazie alla gioia che ci regalano – spiega l’azienda –. La loro vicinanza, infatti, dà numerosi benefici, e l’obiettivo della Fondazione è proprio quello di sostenere il ruolo positivo degli animali domestici per la salute e il benessere umano, creando un valore a lungo termine per la società”.

A testimoniare la bontà di quanto fatto durante questo periodo, Fondazione Royal Canin e Frida’s Friends Onlus hanno raccolto alcune testimonianze dei bambini e delle famiglie che hanno preso parte alle attività di cat therapy: “L’esperienza con i gatti è stata una esperienza molto bella e rilassante, anzi non mi sono rilassato tanto da mesi” si legge in uno dei tanti messaggi, mentre un altro aggiunge: “Vedere Emma tranquilla e serena in un momento così ignoto e talvolta fragile è stato bellissimo. Grazie perché quello che fate è stupendo e importante. Emma, Alessia, Dario”.
La mancanza delle istituzioni
In questa giornata di lavoro “sul campo” emerge però anche un grosso neo: quello delle istituzioni pubbliche. Se, infatti ci sono aziende private che dimostrano di comprendere l’importanza degli Interventi Assistiti con gli Animali, non accade lo stesso da parte di Regione Lombardia e Comune di Milano: “Questa è la parte che mi rammarica di più del nostro lavoro. I nostri operatori non sono volontari, ma sono professionisti che hanno una grande preparazione, sono in formazione continua e fanno di queste attività il loro lavoro – spiega il presidente di Frida’s Friends – . Quando i genitori dei nostri pazienti dimessi ci chiedono di poter continuare la nostra attività anche fuori è difficile dover dire che non possiamo perché non abbiamo il supporto soprattutto delle istituzioni pubbliche come Regione Lombardia e Comune di Milano”.